Breve biografia Longo - fondazione Longo 2019

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Breve biografia Longo

LUIGI LONGO - Il Comandante Gallo

LUIGI LONGO (1900-1980), nasce in provincia d’Alessandria, a Fubine di Monferrato, il 15 marzo 1900, da famiglia di contadini piccoli proprietari. Pochi anni dopo si trasferisce a Torino, dove il padre Giuseppe apre una mescita di vino nei pressi dello stabilimento Grandi Motori Fiat aperto da poco. Anche la famiglia Longo, come tantissime in quell’epoca, conduce una vita dignitosa ma tra grandi ristrettezze economiche; con sacrifici riesce a fare studiare Luigi, unico figlio maschio mentre le due sorelle avviano piccole attività commerciali nei pressi di piazza del Duomo.
Studente al Politecnico di Torino, Longo frequenta a Parma anche la Scuola Militare per ufficiali dell’esercito. Supera brillantemente il primo anno di esami di ingegneria ma decide di gettarsi nell’impegno politico sacrificandovi i suoi studi ed una possibile carriera nell’amministrazione pubblica.
Nel 1920 s’iscrive al Gruppo studentesco socialista di Torino del quale diventa Segretario; qui, frequenta la redazione della nuova rivista socialista “L’Ordine Nuovo” e incontra Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti.
Con la scissione del PSI al Congresso di Livorno (gennaio 1921), aderisce al Partito comunista d’Italia - sezione dell’Internazionale Comunista (IC) e ne diventa ben presto uno dei massimi dirigenti.
Quello stesso anno conosce Teresa Noce (1900-1980), giovane operaia tornitrice alla Fiat Brevetti, segretaria del Circolo giovanile comunista del popoloso rione torinese di Porta Palazzo, che sarà poi conosciuta dal 1930 con lo pseudonimo “Estella” e che sposerà nel 1925, appena raggiunta la maggiore età che all’epoca è stabilita a 25 anni. Con Estella avrà tre figli (Luigi Libero, “Gigi”, nel 1923; Pier Giuseppe nel 1925, morto in tenerissima età e Giuseppe-Piero-Luciano, “Putisc”, nel 1929).
Nel 1922, a Torino, le squadracce fasciste - che già nel 1918 avevano devastato la Camera del Lavoro - intensificano le intimidazioni, le aggressioni e le violenze contro operai e sindacalisti. I comunisti torinesi tentano di reagire al terrorismo fascista; Longo è molto attivo nell’organizzare piccole squadre di combattimento ed una serie di spettacolari manifestazioni-lampo. Prima della marcia su Roma del 28 ottobre e del conseguente colpo di Stato avvallato dal re Vittorio Emanuele III, si reca a Mosca con la delegazione della Fgci per partecipare al IV congresso dell’I.C.

LA CLANDESTINITA’ – IL PATTO DI UNITA’ D’AZIONE

Il 18 dicembre e nei giorni successivi si compie, per mano dei fascisti, quella che sarà definita la “strage di Torino”, con la nuova distruzione della Camera del Lavoro di Corso Galileo Ferraris, l’assalto alla redazione de “L’Ordine Nuovo” e l’assassinio organizzato di decine di comunisti, o anche solo presunti tali, complice il silenzio delle autorità del Regno.
Rientrato da Mosca riceve il compito di dirigere il periodico della Fgci “Avanguardia”. Si trasferisce, perciò, a Roma, insieme a Estella ma in seguito all’arresto, nel febbraio 1923, del Segretario del PCd’I, Amadeo Bordiga e di gran parte della Direzione, è costretto a spostarsi a Milano. Anche Longo viene arrestato nel 1923 insieme a Giuseppe Berti e Antonio Cassitta e resta detenuto per un anno a San Vittore. Uscito dal carcere entra nella vera e propria clandestinità.
Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti pronuncia alla Camera dei Deputati un discorso di forte accusa contro il regime fascista e Mussolini. Qualche giorno dopo l'Unità ne denuncia drammaticamente la scomparsa. Il corpo di Matteotti viene trovato il 14 giugno: nessun dubbio che si tratti di un assassinio politico. Lo sbandamento di Mussolini, messo sotto pressione dallo sdegno generale anche all'estero, fa ipotizzare un intervento del re per sostituire il governo. Il PCd'I non cede alle illusioni e chiede lo sciopero generale. La CGL frena ogni tentativo di protesta mentre le altre opposizioni (PPI e PSI) si limitano a proteste verbali e ad uscire dal Parlamento. L'occasione di chiamare le masse ad una sollevazione viene perduta; il regime si rafforza. Dopo un nuovo arresto nel 1925, Longo è costretto a lasciare l’Italia.
Nel febbraio 1926, dopo il Congresso di Lione (29 gennaio), si reca a Mosca per la seconda volta, insieme alla moglie Teresa Noce ed al figlio Gigi. E’ il periodo nel quale si svolgono nel partito russo aspri contrasti tra i dirigenti bolscevichi con la riacutizzazione della lotta contro il trotskismo. Quello stesso anno Josif Vissarionovic (Stalin) diventa Segretario del Pcus e capo dell’Urss. Longo, in rappresentanza del Kim (Internazionale della Gioventù Comunista), partecipa alle riunioni più importanti del Komintern (Internazionale Comunista).
Il 5 novembre 1927 Benito Mussolini prende spunto dall’attentato compiuto contro di lui (attribuito dai fascisti al quindicenne Anteo Zamboni, assassinato sul posto) e introduce le leggi eccezionali che sopprimono i partiti. L’ondata di feroce repressione che ne segue porta qualche giorno dopo all’arresto di Antonio Gramsci e poi di Mauro Scoccimarro, di Umberto Terracini ed altri dirigenti del PCd’I.
Tale situazione rischia la completa disarticolazione del partito; si impone, perciò, il rafforzamento dell’organizzazione del centro estero di direzione, inizialmente a Parigi e poi a Lugano, sotto la guida di Palmiro Togliatti, cui si aggiungeranno Ruggero Grieco, Teresa Noce e lo stesso Longo, che rientrerà spesso in Italia per il lavoro clandestino con lo pseudonimo di “Gallo”, poi di “Lisbona”. Il PCd’I, a differenza degli altri partiti aventiniani, decide di mantenere in Italia il centro direzionale della lotta antifascista e rafforza le misure cospirative, per sfuggire all’OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascista) pericolosa organizzazione segreta istituita da Mussolini a partire dal 1926. E’ una scelta coraggiosa, contrastata da alcuni dirigenti ma fortemente sostenuta da Longo: essa darà frutti positivi qualche anno dopo ma nell’immediato costerà caro in termini di comunisti confinati, arrestati, seviziati e anche uccisi.
La firma (11 febbraio 1929) dei Patti Lateranensi tra l’Italia ed il Vaticano, seguita dal Concordato tra lo Stato e la Chiesa, rafforza notevolmente il regime fascista che ottiene il consenso esplicito delle gerarchie ecclesiastiche e dell’Azione Cattolica. Tre giorni dopo, il 14 febbraio, Pio XI arriva a definire Mussolini “l’uomo inviato dalla Provvidenza”.
Il 24 ottobre, negli Stati Uniti si verifica il crac della borsa di New York: inizia la “grande depressione” che colpirà tutti i paesi capitalistici, in primo luogo e pesantemente la Germania, già in difficoltà per l’enorme debito di guerra.
Nel clima di sofferenza economica e di revanscismo nazionalista, il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler sale al potere in Germania, straccia la Costituzione della debole Repubblica di Weimar e instaura la più feroce dittatura che l’Europa abbia conosciuto.
In quello stesso anno Longo diventa membro della commissione politica del Komintern e viene inviato a Mosca per seguire il lavoro nell’emigrazione. Nel dibattito politico, facendo tesoro dell’esperienza maturata nel lavoro clandestino e nell’emigrazione, Longo si mostra tra i più convinti assertori della politica di unità d’azione con i socialisti e si adopera per dare vita ad un fronte popolare anche in Italia. Alcuni mesi dopo, nell’estate del 1934, sarà proprio Luigi Longo, con Giuseppe Di Vittorio ed Egidio Gennari) a firmare il patto di unità d’azione con il Psi (Pietro Nenni, Giuseppe Saragat, Bruno Buozzi). E’ il primo atto ufficiale di unità dopo anni di divisioni e suscita grande entusiasmo tra i lavoratori influenzando la ripresa del movimento antifascista in Italia. Dirà anni dopo lo stesso Longo: ”Fu sulla base di quel patto, più volte rinnovato, e del lavoro unitario nell’emigrazione che si poté, al momento della rivolta del traditore Franco contro la Repubblica spagnola, portare centinaia e migliaia di lavoratori, comunisti e socialisti, emigrati in Francia, a combattere in Spagna, prima nel Battaglione Garibaldi e poi nella XI Brigata Internazionale, in difesa della Repubblica spagnola”.
Il cambiamento di linea dei partiti comunisti e di quelli socialisti in diversi Paesi europei non tarda a dare i suoi frutti: nel febbraio 1936 il Fronte Popolare vince le elezioni in Spagna ed analoga alleanza vince in Francia nel maggio successivo. L’esperienza dei fronti popolari francese e spagnolo hanno un’influenza grandissima su tutto l’antifascismo italiano e particolarmente sul PCd’I. Nascerà un “nuovo antifascismo” che si svilupperà nelle fabbriche e nelle università creando una nuova generazione di avanguardie operaie ed intellettuali.
La scelta unitaria consente al movimento sindacale francese di ottenere, sotto il governo di Léon Blum, importanti risultati come la conquista delle 40 ore (pagate 48), il diritto alle ferie retribuite (15 giorni), i contratti collettivi nazionali, il riconoscimento dei delegati sindacali di fabbrica, un aumento salariale del 12%, il prolungamento dell’età scolastica.

LA GUERRA DI SPAGNA – LE BRIGATE INTERNAZIONALI

In Spagna, invece, passata l’euforia della vittoria si produce (18 luglio 1936) la “rivolta dei quattro generali” (Franco, Mola, Queipo de Llano, Goded) capeggiata dal generale Francisco Franco che comanda le truppe di stanza in Marocco. Con lui si schierano il 95% degli ufficiali e l’80% dei soldati. Solo la flotta resta fedele alla repubblica. Il putsch, che porterà di lì a poco alla guerra civile, rivela tutta la debolezza del governo in carica; solo la forte reazione delle masse raccolte organizzate dalla sinistra salva la repubblica. Il rapido cambio del governo porta al ruolo di primo ministro José Giral che ordina la distribuzione delle armi al popolo. Prima di trasformarsi in scontro tra formazioni militari più o meno regolari, la guerra inizia come guerriglia di popolo in tutte le città più importanti.
Il 21 luglio Vittorio Vidali, che sarà conosciuto come il leggendario “Comandante Carlos (Contreras)” aiutato da Ettore Quaglierini (Pablo Bono), organizza per il Partito comunista spagnolo il V° Reggimento (il Reggimento d’acciaio), unità di élite dell’esercito spagnolo.
Dopo lo scoppio dell’insurrezione il 13 agosto sorge a Parigi - per iniziativa di gruppi antifascisti - un Comitato Internazionale di Aiuto al Popolo Spagnolo (diretto da Giulio Cerreti) mentre i governi francese, inglese e statunitense, adottano la scelta del ”non intervento”, che non tarderà a rivelarsi come un errore di enorme portata: la sottovalutazione del pericolo nazifascista spianerà, infatti, la strada alle mire espansionistiche di Hitler ed alla tragedia immane della seconda guerra mondiale. E’ opinione unanime che se la Francia avesse soccorso la Spagna repubblicana, la ribellione sarebbe stata stroncata nelle prime settimane. Inutilmente l’antifascismo italiano e particolarmente gli esuli comunisti e socialisti che in Francia si raccolgono intorno all’Unione Popolare presieduta da Luigi Longo, denuncia tentennamenti, ambiguità, cedimenti della socialdemocrazia internazionale che sta sacrificando la causa della repubblica spagnola ad altri calcoli.
I governi di Germania, Italia e Portogallo, invece, fin dall’inizio sostengono apertamente i franchisti; il Vaticano è il più pronto a schierarsi pubblicamente e ufficialmente con essi anche se dovrà registrare la diffusa disobbedienza del basso clero.
La guerra di Spagna si configura subito come un evento destinato a cambiare il corso della storia in senso tragico. Tale consapevolezza induce migliaia di antifascisti di tutte le nazionalità ad accorrere in difesa della repubblica. Longo è tra i primi a portarsi in Spagna.
Il 17 agosto, ad opera di Mario Angeloni, Carlo Rosselli, Umberto Calosso, Camillo Berneri, viene costituita in Catalogna la “Colonna italiana”.
Il 18 agosto a Granada viene assassinato il poeta Federico Garcia Lorca.
Alla fine di settembre Longo, ripreso il nome di battaglia di Gallo, assume il grado di Comandante di Stato Maggiore ed avvia l’organizzazione delle B.I.: nel corso del conflitto, saranno quasi 50 mila i volontari di 53 paesi che si raccoglieranno in 14 brigate. Aiutato da Giuseppe Di Vittorio e da André Marty riesce a far nascere quasi dal nulla una organizzazione militare efficiente.
I problemi di ordine militare, organizzativo, logistico, psicologico, politico sono immensi ma Longo si rivela l’uomo adatto per risolvere queste difficoltà, per il suo spirito pratico e per le sue doti umane. Uno dei principi su cui insiste, superando le non poche resistenze, è quello di inserire un’aliquota di combattenti spagnoli nelle B.I. allo scopo di cementarne l’unione.
In pochi giorni vengono costituite due brigate: la XI, comandata dal generale Lazar Stern (Emil Kléber) e costituita dai battaglioni Edgar André (tedesco), La Commune de Paris (franco-belga), Dombrowsky (polacco), il commissario politico è Giuseppe Di Vittorio; la XII, comandata dal generale Mata Zalke (Luckas) e costituita dai battaglioni Thaelmann (tedesco-slavo), Garibaldi (italiano, nel quale combatterà Longo), André Marty ( franco-belga), il commissario politico è lo stesso Luigi Longo.
Nelle settimane successive si formano le altre Brigate tra le quali la “Lincoln” formata da comunisti e antifascisti americani che subirà gravi perdite; molti dei suoi superstiti, nel 1944-45, saranno utilizzati in Italia dall'esercito americano per costruire rapporti e collegamenti con la Resistenza Italiana.
Il 28 ottobre la Germania invia la “Legione Condor” (circa 16 mila uomini a rotazione) a sostegno dei franchisti. Il 5 novembre, dopo un sommario addestramento ad Albacete, l’XI e la XII B.I. sono inviate a difesa di Madrid assediata dai nazionalisti che sferrano l’attacco il 7 novembre, ma saranno respinti. Il 23 novembre Franco è costretto a sospendere gli attacchi ed a togliere l’assedio alla capitale. Per la prima volta le truppe venute dal Marocco vengono bloccate.
Alla fine del 1936, Longo resta ferito dall’esplosione di una bomba a Pozuelo d’Alarcón, presso Madrid. Nel dicembre è nominato Commissario di Divisione e Ispettore Generale di tutte le Brigate Internazionali e dei servizi sanitari internazionali, che rappresenta il grado più elevato istituito per le B.I. La sua calma ed il sangue freddo, la capacità di assumersi grandi responsabilità, la grande conoscenza degli uomini, unita alla scrupolosa cura dei dettagli - caratteristica maturata nei lunghi anni della clandestinità - risultano fra i principali elementi della coesione e dei successi delle Brigate Internazionali nonostante l’enorme squilibrio tra le forze in campo.
Il 3 gennaio del 1937 sbarca in Spagna (Cadice e Siviglia) il primo contingente del Corpo Truppe Volontarie (CTV) inviate da Mussolini; gli effettivi saranno complessivamente 78.846 inquadrati in 4 Divisioni: “Dio lo vuole” (gen. Edmondo Rossi), “Fiamme nere” (gen. Amerigo Coppi), “Penne nere” (gen. Nuvolari), “Littorio” (gen. Annibale Bergonzoli).
Nella vittoriosa battaglia di Guadalajara (8-25 marzo 1937) si contrappongono 50 mila fascisti (30 mila italiani del CTV al comando del generale Mario Roatta più 20 mila spagnoli) e 6/7 mila miliziani repubblicani (la milicia popular), cui si aggiungono due giorni dopo l’XI e la XII B.I. Il Battaglione Garibaldi (al suo interno opera la batteria di artiglieri “Antonio Gramsci”), agli ordini di Ilio Barontini (Dario), è scelto per l’attacco frontale di sfondamento delle linee nemiche, affiancato dai Battaglioni “André Marty”, “Dombrowsky”. In seguito al successo di tale operazione militare il Garibaldi darà il nome a tutta la XII Brigata Internazionale. La battaglia di Guadalajara verrà ricordata come la “prima sconfitta del fascismo” ed avrà un’eco enorme soprattutto in Italia. In quegli stessi giorni, il 19 marzo 1937, Pio XI, nella Enciclica “Divini Redemptoris” si scaglierà contro il flagello comunista in Spagna.
Il 26 aprile la città di Guernica, simbolo dell’autonomia basca, è bombardata e rasa al suolo dalla legione tedesca “Condor”. Il bombardamento causa 1.654 morti e 889 feriti. Pablo Picasso lo rappresenterà in un suo famoso dipinto.
In Italia, all’alba del 27 aprile, muore Antonio Gramsci. “Hanno finito di assassinarlo” scriverà dalla Francia Emanuele Modigliani. I giornali italiani danno scarso rilievo alla notizia mentre all’estero l’eco sarà grandissima. Giustizia e Libertà (GL) scriverà: “Il pensiero di Gramsci è fissato non solo sulla carta ma nei cervelli e nelle coscienze dell’élite rivoluzionaria … Un regime che assassina un Gramsci ha la vita segnata”. Il regime fascista teme reazioni e manifesta il proprio terrore negando la sepoltura in un cimitero pubblico di Roma: le ceneri di Gramsci saranno ospitate nel “cimitero a-cattolico” del quartiere Testaccio.
Il 9 giugno a Bagnoles de l’Orne, in Normandia, vengono assassinati dai fascisti i fratelli Carlo e Nello Rosselli.
Il 4 luglio, nel corso del 2° Congresso Internazionale per la difesa della Cultura, intellettuali di tutto il mondo dichiarano il loro sostegno alla repubblica spagnola. Tra questi aderiscono al documento: Maritain, Mauriac, André Gide, Curie, Huxley, Bromfield, Auden, Steinbeck, Upton Sinclair, Camus, Albert Einstein, Fallkner, Caldwell, Bertold Brecht, Antonio Machado, Alberti, Bergamin, Ernest Hemingway, Stephen Spender, André Malraux, Pablo Neruda, Tzara, Aragon, Heinrich Mann, Charlie Chaplin.

VERSO IL CONFLITTO MONDIALE – IL CARCERE – IL CONFINO

Il 29 settembre Arthur Neville Chamberlain e Edouard Daladier, con l’accordo di Monaco, sacrificano l’indipendenza del popolo cecoslovacco e con essa quella del popolo spagnolo.
Nell’ottobre del 1938, su pressione delle democrazie occidentali che perseverano nella miopia e nell’errore, il governo spagnolo decide il ritiro dal fronte delle Brigate Internazionali, che sfileranno in parata applaudite nelle strade di Madrid. L’esperienza maturata dai volontari italiani nel quadro delle B.I. ed all’insegna dell’unità antifascista, sarà preziosa per la Resistenza italiana alcuni anni dopo.
Per molti garibaldini il ritorno in Francia, dove si trovavano illegalmente, significa l’arresto. Per evitarlo, Edoardo D’Onofrio d’accordo con il Pcf riesce a provvedere di nuovi documenti i volontari in maggior pericolo, destinandone molti in America, in Africa, in diversi paesi europei.
Il 1° aprile 1939 la guerra di Spagna è terminata: Francia, Inghilterra e Stati Uniti riconoscono il governo franchista.
Il giorno precedente le armate di Hitler avevano invaso la Cecoslovacchia.
Tornato in Francia, Longo, insieme a Domenico Ciufoli e Stefano Schiapparelli, organizza una “scuola di partito” per molti comunisti garibaldini rientrati dalla Spagna che si trovano in situazione semilegale e che, tuttavia, manifestano la volontà di continuare la lotta a fianco del popolo francese. Molti di essi entreranno a far parte della resistenza francese (maquis). Il contributo degli italiani nel maquis sarà di 18 mila combattenti, con oltre 2 mila caduti.
Nel clima di diffidenza che si crea in seguito alla firma del patto di non aggressione russo-tedesco tra Joachim von Ribbentropp e Vjaceslav Michajlovic Molotov (Mosca, 23 agosto 1939), il governo del radical-socialista Daladier avvia la stagione degli arresti degli stranieri comunisti.
Fra le prime vittime Longo e Togliatti ma, mentre quest’ultimo non è riconosciuto e verrà condannato a sei mesi per “uso di falso documento per passare la frontiera”, per Longo la condanna è più dura in quanto è conosciuto come presidente comunista dell’Unione Popolare. Viene incarcerato, interrogato e percosso nella prigione della Santé dove resta per quasi un mese per essere poi trasferito al campo di concentramento Roland Garros insieme ad altri comunisti italiani tra i quali Giuliano Pajetta, Eugenio Reale, Leo (Weiczen) Valiani, Mario Montagnana, Francesco Leone. Da qui, successivamente, al campo del Vernet-sur-Ariège nei Pirenei, dove vengono concentrati ben 4 mila comunisti stranieri: tra gli italiani vi sono Giuseppe Alberganti, Vittorio Bardini, Dino Saccenti, Carlo Farini, Aladino Bibolotti, Felice Platone, Cesare Colombo, Alessandro Senigaglia, Eugenio Reale, Aristodemo Maniera, Piero Dal Pozzo, Mario Ricci e molti altri. Dal Vernet al campo di Les Milles poi a Marsiglia e di nuovo al Vernet. Qui si costituisce un direttivo del PCd’I (Longo, Mario Montagnana, Giovanni Parodi ed altri). In quei frangenti Leo Valiani esce dal PCd’I ed aderisce a GL.
Il 1° settembre 1939 i tedeschi invadono la Polonia; in risposta il 3 settembre Francia ed Inghilterra dichiarano guerra alla Germania. Il 26 dello stesso mese il Pcf è messo fuori legge.
Il 10 maggio 1940 la Francia è invasa dai tedeschi che in pochi giorni arrivano a Parigi (14 giugno) e vi insediano il proprio comando; al sud (con sede a Vichy) viene costituito un governo collaborazionista guidato dal maresciallo Henri Pétain.
Il 10 giugno 1940 Benito Mussolini dichiara guerra alla Francia. Scrive Pietro Nenni: "E' una guerra senza ragione, senza scusa, senza onore perché Mussolini attacca la Francia già invasa e agonizzante facendo assumere all'Italia la parte dello sciacallo".
Il 26 giugno 1941 Hitler rompe i patti con l'Urss e dà inizio alla sua invasione che si arresterà a Stalingrado con la resa (2 febbraio 1943) delle truppe germaniche al comando del feldmaresciallo von Paulus.
Nell’estate del 1941 Longo è trasferito al carcere di Castres e poi a Nizza. Nel febbraio 1942 è consegnato alla polizia italiana, incarcerato a Regina Coeli e dopo tre mesi inviato al confino a Ventotene dove sono altri antifascisti e dirigenti comunisti (Umberto Terracini, Camilla Ravera, Mauro Scoccimarro, Pietro Secchia, Altiero Spinelli, ed altri).
L'8 dicembre 1942, il giorno dopo Pearl Harbur, gli Stati Uniti entrano in guerra contro l'Asse (Germania, Italia, Giappone).
Nel corso del 1942, in Italia, si costituisce nella clandestinità il Partito Comunista Cristiano (i comunisti cattolici) cui aderiscono, tra gli altri, Franco Rodano, Antonio Tatò, Adriano Ossicini, Luciano Barca, Fedele D’Amico, Giglia Tedesco, Paolo Moruzzi, Vittorio Tranquilli, Corrado Santarelli.
Liberato dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943), Longo lascia l’isola il 22 agosto ed entra subito nel vivo dell’azione. Incaricato a riceverlo a Roma è Renato Guttuso che, insieme a Mario Socrate, lo accompagna nella casa di Luchino Visconti che lo ospiterà per qualche tempo. Alcuni anni dopo (1951) Guttuso, a significare la continuità tra Resistenza e Primo Risorgimento, rappresenterà Luigi Longo (“il Garibaldi del ‘900”) al fianco di Giuseppe Garibaldi nel suo dipinto “La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio” nella quale i volontari garibaldini avevano sconfitto l’esercito borbonico aprendosi la strada verso Palermo.

LA RESISTENZA – IL CLN – LE BRIGATE GARIBALDI

Il 29 agosto si ricostituisce la direzione del Partito Comunista Italiano (nome assunto il 15 maggio in sostituzione di Partito Comunista d‘Italia): Longo ne entra a far parte. La sera stessa scrive il “Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale”. Si tratta del documento che verrà approvato il giorno dopo anche dal Partito socialista e dal Partito d’Azione (Pd’A) e che segna il passaggio alla fase della lotta armata. I tre partiti della sinistra (PCI, PSI e Pd’A) costituiscono la Giunta Militare tripartita (Luigi Longo, Sandro Pertini, Riccardo Bauer) che si reca immediatamente dal Maresciallo Pietro Badoglio per proporre la necessità di stabilire ovunque contatti e accordi tra esercito e Fronte nazionale. E’ la prima “piattaforma” per la guerra di popolo, ma il governo Badoglio respinge la proposta.
Il 1° settembre il triumvirato (Longo, Pertini, Bauer) incontra il generale Giacomo Carboni, comandante militare della piazza di Roma, per proporgli la formazione di una Guardia Nazionale. Lo stesso tentativo è fatto a Milano da Girolamo Li Causi con il generale Vittorio Ruggero. La risposta è un rifiuto dell’esercito che non vuole le milizie popolari. Tuttavia il generale Carboni consegne molte armi ai comunisti per organizzare le prime squadre armate a difesa di Roma. Il governo Badoglio, però, le fa sequestrare immediatamente dalla polizia.
Il 2 settembre il Pci lancia la parola d’ordine della politica di unità nazionale contro il fascismo e l’occupante straniero. Il giorno dopo, in segretezza, si consuma l'atto di resa dell'Italia con la firma dell'armistizio provvisorio che verrà però resa pubblica solo l'8 settembre su pressione del generale Taylor. Questo ritardo consente alla Germania di predisporre ovunque la quasi totale neutralizzazione dell'esercito italiano e di rafforzare la propria presenza in Italia con l'invio tempestivo di numerose divisioni.
Il 9 settembre a Roma nasce il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), mentre all'alba, con una tempestività più che sospetta e senza incontrare ostacoli da parte tedesca, il re, la sua corte, il suo governo fuggono precipitosamente a Brindisi lasciando l'esercito senza direttive.
Longo è mandato a Milano per organizzare, insieme ad altri dirigenti, l’azione del partito nell’Italia occupata. Non è facile convincere le diverse correnti antifasciste della necessità di organizzare la Resistenza come condizione per il riscatto e la rinascita del Paese, portato dal fascismo alla disfatta ed alla servitù. Di fronte all’attesismo di quanti propugnano l’ipotesi minimale di una attività di piccoli gruppi di informatori alle dipendenze dei comandi alleati (come gli stessi alleati suggeriscono), il Pci rompe gli indugi e, all’inizio di novembre, costituisce le prime Brigate d’assalto Garibaldi delle quali Longo assume il comando generale.
Così lo descriverà in seguito Leo Valiani: “Ritrovo Gallo … che con il nome di Italo è il comandante generale delle Garibaldi e, insieme, il capo politico dei comunisti del Nord. Tutti dicono che Longo ha il volto della sfinge e certamente nessuno è capace di leggergli nei pensieri; non tradisce mai un’emozione e tantomeno un dubbio. Che sia un uomo di raffinata cultura e di profonda umanità, questo lo sanno solo gli intimi. Agli altri appare come scolpito nella pietra; organizzatore eccezionale, però, e freddo ragionatore”.
Nelle città sono già in azione i GAP (Gruppi di Azione Patriottica) e le SAP (Squadre di Azione Patriottica) prevalentemente comunisti. Di fronte alle titubanze di chi lamenta la carenza di armamenti, Longo affronta la questione in modo lapidario: “le armi sono quelle che ha il nemico, a cui bisogna strapparle”.
All’inizio dell’Insurrezione Nazionale le formazioni garibaldine saranno 575 su un totale di 1090 brigate partigiane.
Le classi che danno il più alto numero di partigiani combattenti sono il ’24 e il ’25 e, addirittura il ’26: cioè ragazzi che hanno frequentato le scuole fasciste, che sono nati dopo la marcia su Roma e molto spesso non hanno sentito nessuno parlare di politica. Anche in questo sta la straordinaria grandezza di quanti, nella clandestinità e nella lotta al fascismo, hanno mantenuto aperta una prospettiva di speranza e sono stati in grado di dare immediata sponda ed organizzazione alla voglia di riscatto di molti giovani dopo il ventennio buio e lo shock dell’8 settembre.
Caratteristica fondamentale della guerra partigiana, annota in quei frangenti Longo, “è il movimento, non il presidio, è l’attacco, non la difesa. La Resistenza non deve essere vista solo come lotta armata di formazioni militari ma anche come lotta, resistenza delle grandi masse lavoratrici sul luogo stesso del lavoro”. E’ l’appello del Pci alla mobilitazione ed agli scioperi.

IL GOVERNO DI UNITA’ NAZIONALE – L’INSURREZIONE NAZIONALE

Il realismo politico di Longo lo porta a comprendere che i rapporti di forza e la situazione non consentono di scartare l’ipotesi di un compromesso politico e militare con le forze badogliane, fermo restando che la direzione resta al CLN. All’interno della Direzione nasceranno profondi contrasti su questa linea che verranno definitivamente superati con il rientro di Togliatti e con la svolta di Salerno (aprile 1944) allorché si stabilisce la costituzione del governo di unione nazionale per dare al Paese una guida non più discussa bensì riconosciuta da tutto il movimento di liberazione nazionale. Il Pci ritiene che in quel momento storico il compito più rivoluzionario sia quello di battere Hitler e Mussolini per ridare la libertà al Paese. Il 21 aprile il Pci, insieme agli altri partiti dello schieramento antifascista, entra nel governo Badoglio con due ministri (Palmiro Togliatti e Fausto Gullo) e due sottosegretari (Mario Palermo e Antonio Pesenti).
Nel marzo 1944 la Resistenza italiana ha già una consistenza ed una estensione nazionali. Si pone, quindi, il problema di collegare fra di loro le varie formazioni, nate da diverse iniziative di diversi gruppi politici. Il 2 giugno le prime truppe del generale americano Mark Waine Clark entrano in Roma.
Da Milano, sempre nel giugno 1944, Longo contribuisce in modo determinante alla costruzione del CVL (Corpo Volontari della Libertà), che avrà il compito di unificare l’azione militare delle diverse formazioni partigiane e ne assume il comando insieme a Ferruccio Parri. In seguito, per volontà degli alleati, il comando passa nelle mani del generale Raffele Cadorna, paracadutato nell’Italia occupata, che ammetterà con franchezza in un suo diario di “esercitare un potere poco più che formale”, essendo i due vice (Longo e Parri) coloro che reggono con forti e abili mani la ribellione. Ferruccio Parri, che nell’autunno 1943 era stato designato dal CLN a capo dell’organizzazione della Resistenza armata, confiderà con una attestazione di grande stima: “nel caso in cui morissi designo mio successore Gallo”.
Nell'estate 1944 gli eserciti alleati vengono indeboliti sul fronte italiano e, non avendo più forza sufficiente per ottenere risultati decisivi contro l'enorme potenza della linea difensiva dell'esercito tedesco, si fermano sulla Linea Gotica.
Da un rapporto dell'OSS (Office of Stategic Services dell'esercito americano) si apprende che "nel solo mese tra luglio e agosto del 1944 i partigiani intercettano circa la metà dei rifornimenti tedeschi alla Linea Gotica, procurando perdite valutate in 1.700 uomini, distruggono 10 ponti ferroviari, molti vagoni”.
Il 13 novembre il generale inglese Harold Alexander (comandante delle forze alleate in Italia) emana un proclama con il quale invita le formazioni partigiane a smobilitare e a ritornare alle proprie case: “era evidente, e non solo a noi – scriverà lo stesso Longo alcuni anni dopo – l’obbiettivo di eliminare il movimento di liberazione italiano che stava avendo una estensione ed un carattere troppo compromettente per le mire dei gruppi imperialistici anglo-americani”. Sullo stesso argomento scriverà Ferruccio Parri: “L’unico e veramente costante nemico della liberazione italiana è stato Churchill e in modi e gradi diversi una posizione sempre contraria al movimento insurrezionale l’ha sempre avuta il governo inglese”. E, ancora, Aldo Aniasi: "era noto ai partigiani che Winston Churchill non nascondeva le sue simpatie per la monarchia e in particolare per i Savoia".
Sfruttando il proprio ruolo al vertice del CNLAI e del CVL, Longo compie, però, un’abile e spregiudicata operazione di “interpretazione” con la quale formalmente approva il proclama punto per punto ma nella sostanza ne capovolge il senso. La sua audacia ed il tono risoluto porta tutto il gruppo dirigente del CVL ad accettarne l’interpretazione che diventa quindi la posizione ufficiale trasmessa come direttiva (2 dicembre) a tutti i comandi regionali. Di fatto il Comando del CVL rifiuta di obbedire all'ordine del "tutti a casa". Le indicazioni di Longo verranno applicate e questo salva l’insieme dell’esercito partigiano anche nella durezza della repressione nazifascista che si fa più intensa ora che gli alleati hanno fatto sapere che non intendono sferrare l’attacco di sfondamento della Linea Gotica.
Nonostante la contrarietà degli alleati (ordine trasmesso il 31 marzo 1945 dal generale Clark, che aveva sostituito Alexander) l’Insurrezione Nazionale sollecitata e sostenuta dalla Resistenza al nord - che si rivelerà il più forte movimento partigiano dell’Europa occidentale - conduce alla liberazione di tutto il Paese che si conclude il 25 aprile 1945 con l’ingresso delle formazioni partigiane a Milano. Il Comitato Esecutivo Insurrezionale è composto da Longo, Pertini e Valiani. All'inizio dell'Insurrezione la maggior parte delle formazioni tedesche dislocate nel nord della Toscana, in Liguria ed in Piemonte si arrendono ai vari CLN territoriali. Quelle che ripiegano verso il Brennero si trovano la strada bloccata dalle formazioni partigiane e si arrenderanno nelle due settimane successive. Kesserling è esplicito in un suo dispaccio a Berlino con il quale chiede rinforzi (26 febbraio 1945): "L'attività delle bande di partigiani sugli Appennini Occidentali e lungo la Via Emilia si è diffusa come un lampo negli ultimi dieci giorni. La concentrazione di gruppi partigiani di varie tendenze politiche in un'unica Organizzazione sta iniziando a produrre risultati evidenti". Si tratta del più efficace riconoscimento della statura politico-militare di quanti, Longo in testa, avevano voluto l’unificazione delle formazioni partigiane nel CVL.
Qualche giorno dopo la fucilazione di Mussolini (Dongo, 28 aprile) e dei maggiori gerarchi fascisti (eseguita sulla base della sentenza di morte promulgata dal CNL Alta Italia), farà giustizia dei responsabili di tutto il passato fascista. Il 30 aprile Hitler si suicida nel suo bunker di Berlino. La resa incondizionata della Germania avviene l'8 maggio.
Il 5 maggio 1945 a Milano, Longo sfila alla testa delle armate di liberazione insieme a Ferruccio Parri, Raffaele Cadorna, Enrico Mattei e ad altri dirigenti del CNL e del CVL.
Al termine del conflitto è decorato dallo stesso generale americano Clark con la “Bronze Star”, una decorazione che resta intangibile testimonianza di quanto grande sia stato il contributo di Luigi Longo e delle Brigate Garibaldi alla causa della libertà dei popoli. Scriverà Max Corvo, capitano dell'esercito Usa in forza al Secret Intelligence militare: "L'Italia, nel teatro delle operazioni belliche, costituì un caso unico in quanto, da paese nemico che aveva sostenuto una dittatura assoluta, in pieno conflitto bellico, sviluppò un movimento di liberazione di così grande portata come quello che il CLNAI si trovò a dirigere, guadagnandosi il rispetto dei capi alleati per la sua integrità morale, la sua capacità di sacrificio e l'autorevolezza dei suoi capi".

IL DOPOGUERRA – ALLA GUIDA DEL PARTITO

Nel clima di unità nazionale e di ricostruzione politica, economica e morale del Paese, nei giorni 16 e 17 giugno 1945, a Torino, si incontrano sei imprenditori del nord: Pierluigi Roccatagliata, Vittorio Valletta, Piero Pirelli, l’ing. Falk, Rocco Piaggio, Andrea Costa, già collusi con il regime fascista, che indicano all’ambasciatore Usa, Kirk quella che sarà la linea padronale: “Il comunismo sarà combattuto: a) con un’intensa campagna di stampa e di propaganda che includa la corruzione dei leaders comunisti e di scrittori comunisti; b) con le armi”.
Dopo la Liberazione gli elementi liberali, democristiani, autonomi che durante la lotta partigiana furono attivamente al fianco dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti saranno messi in ombra, esautorati e praticamente ignorati nei loro stessi partiti.
Nel 1946 Longo entra a far parte della Consulta Nazionale e poi dell’Assemblea Costituente. Sarà sempre rieletto alla Camera dei Deputati nelle liste del Partito Comunista Italiano.
Il 2 giugno 1946, con la vittoria nel Referendum Istituzionale, in Italia è proclamata la Repubblica. Quello stesso mese di giugno Togliatti (Guardasigilli), come segnale di pacificazione e di apertura di una fase nuova per il Paese, vara l’amnistia per i reati compiuti dai repubblichini di Salò ad esclusione dei torturatori, degli assassini, dei delatori, dei servi dei tedeschi che avevano mandato nei campi di sterminio nazisti i propri connazionali e s’erano spartiti i poveri beni.
Dopo lo “storico” viaggio di Alcide De Gasperi negli Stati Uniti (gennaio 1947), gli Usa indicano la loro idea di rapporto con l’Italia, che dovrà restare suddito fedele: “una parola gentile e una fetta di pane, un omaggio pubblico alla cultura italiana e un’allusione discreta alle virtù della democrazia stile americano” (21 novembre 1947, Walter Dowling, responsabile per gli affari italiani del Dipartimento di Stato americano). Il clima politico nel Paese va rapidamente cambiando. La politica di unità nazionale si rompe. Pci e Psi vengono esclusi dal governo, la politica governativa si sposta a destra. Il 1°maggio del 1947 si consuma l’eccidio di Portella delle ginestre.
Il 1° gennaio 1948 entra in vigore la Costituzione che reca come prima firma quella del comunista Umberto Terracini. L’11 maggio dello stesso anno Luigi Einaudi è eletto primo Presidente della Repubblica e sostituisce il Presidente provvisorio Enrico De Nicola.
Alla fine del 1953 Longo si separa da Teresa Noce, cui seguirà anni dopo il divorzio in seguito all’approvazione (1970) della legge Baslini-Fortuna, consentendo di regolarizzare il suo rapporto con Bruna Conti, dalla quale ha avuto un figlio (Egidio).
Nel 1954, dopo che la “grande paura” provocata dalle persecuzioni contro i lavoratori comunisti (uccisioni, arresti, condanne, licenziamenti, reparti-confino) porta un crollo nel numero di iscritti alla Cgil, il Pci prende di petto la questione. Longo (vicesegretario), insieme alla denuncia dei governi e del padronato, pone la questione dell’insufficiente presenza del sindacato in fabbrica e nei luoghi di lavoro. “Il sindacato – afferma - invece di organizzare la propria attività anche nella fabbrica supplisce a queste deficienze organizzative annettendosi e snaturando altri organismi di fabbrica come le Commissioni interne”. La Cgil avvierà, poco tempo dopo, una nuova e più profonda penetrazione nelle fabbriche con la creazione dei Consigli di Fabbrica.
Dopo l’improvvisa morte di Palmiro Togliatti, avvenuta il 14 agosto 1964 a Yalta (Crimea), è eletto Segretario del Pci. Accetta affermando di volere essere “un segretario e non un capo”. In questo ruolo, d‘intesa con la Direzione, tra i primi atti assume la decisione di rendere noto (Rinascita del 5 settembre 1964) il “Memoriale di Yalta”, il pro-memoria redatto da Palmiro Togliatti in Crimea con cui viene ribadita la posizione dei comunisti italiani in merito alla situazione del Movimento comunista internazionale compendiata nei termini “unità nella diversità” e che fornisce la prova più evidente della autonomia internazionale del PCI.
Il Memoriale evidenzia anche le forti preoccupazioni sulla situazione interna: acuta recessione, risposte repressive alle lotte operaie, atteggiamenti reazionari nel governo, minacce di colpo di stato (caso del generale De Lorenzo).
Longo prosegue senza titubanze la linea della “via italiana al socialismo” che richiama la necessità dell’unità di tutte le forze socialiste in campo internazionale (non esclusa la Cina) in un’azione comune che deve essere ricercata al di sopra delle divergenze ideologiche “poiché l’obiettivo comune è quello di contrastare e battere i gruppi più reazionari dell’imperialismo”. Questa linea pone il problema della ricerca di una via pacifica di accesso al socialismo, della precisazione del concetto di democrazia in uno Stato borghese, delle forme più efficaci di partecipazione delle masse operaie e lavoratrici alla vita economica e politica, della irrinunciabilità alla pace sul piano internazionale.
Longo si rende conto che è anche necessario procedere alla preparazione e alla formazione di un nuovo gruppo dirigente.
La linea politica del Pci con Longo pone le basi per il grande balzo degli anni ’75 e ’76 con la segreteria di Enrico Berlinguer.
Dalla tribuna dell’ XI Congresso (Roma, gennaio 1966), Longo pone il problema del rapporto tra coscienza religiosa e socialismo fornendo, tra l’altro, un personale contributo allo sviluppo della teoria dello Stato: “Siamo convinti che, in questa fase storica, una profonda coscienza cristiana è portata ad entrare in contraddizione ed in conflitto con le condizioni di sfruttamento e di limitazione della libertà e della dignità della persona, proprie della società capitalistica e ad aprirsi, perciò, alle idee socialiste. Noi riaffermiamo che siamo per l’assoluto rispetto della libertà religiosa, della libertà di coscienza, per credenti e non credenti, per cristiani e non cristiani…...siamo per uno Stato effettivamente e assolutamente laico. Come siamo contro lo stato confessionale, così siamo contro l’ateismo di stato”. Dalla stessa tribuna lancia la proposta di costruire assieme alle forze democratiche, senza prevenzioni né dogmatismi, “una nuova società, liberata dalla guerra, dallo sfruttamento e dall’indigenza” poiché “la nuova società socialista sarà non solo quale la vogliamo noi comunisti, ma anche quale la vorranno quanti contribuiranno alla sua edificazione … La più salda unità delle forze operaie socialiste, antifasciste, non è in alternativa con l’unità delle forze democratiche cattoliche, né in alcun modo la contraddice o l’esclude. Anzi, la sollecita, la favorisce, e la comprende”.

IL SESSANTOTTO – L’AUTUNNO CALDO – LA STRATEGIA DELLA TENSIONE

Longo, più tardi, esprimerà riserve e dubbi sulla opportunità e validità della formulazione “compromesso storico” data in un saggio su Rinascita da Enrico Berlinguer (dopo il sanguinoso colpo di stato cileno del 1973) per esprimere la tradizionale politica di intese e di collaborazione con tutte le forze democratiche per la direzione politica e sociale del Paese. Berlinguer, prima del colpo di stato, aveva già affermato (XII Congresso, 1972) che “in un paese come l’Italia, una prospettiva nuova può essere realizzata solo con la collaborazione tra le grandi correnti popolari: comunista, socialista, cattolica. Di questa collaborazione l’unità della sinistra è condizione necessaria, ma non sufficiente”. Dopo il soffocamento della democrazia cilena ad opera di Augusto Pinochet amplia la riflessione: “in un paese capitalista d’Occidente non è per nulla sufficiente aver ottenuto una risicata maggioranza parlamentare … per aprire una facile strada all’instaurazione di una via nazionale al socialismo”. Per Berlinguer ci vuole altro, “alleanze più larghe con tutti gli strati e con tutti i ceti che contano in un paese”. L’errore di Salvador Allende era stato quello di “non aver creato, o di non essere riuscito ad ottenere, l’adesione della democrazia cristiana locale”.
Agli inizi del 1965 la situazione internazionale si aggrava dopo che nel Vietnam del Nord sono iniziati i bombardamenti indiscriminati senza neppure l’atto formale della dichiarazione di guerra da parte degli Stati Uniti.
Tra il 1967 e 1968 esplode in Italia il Movimento Studentesco che immette sulla scena politica nuovi soggetti e che si afferma a livelli di massa riuscendo a collegarsi con la spinta pacifista dei campus universitari americani contro la barbarie della guerra nel Vietnam, con i sussulti del mondo sudamericano per sottrarsi al dominio di oligarchie capitalistiche sostenute dagli USA che avranno nella morte di Ernesto Ché Guevara il loro punto di maggiore partecipazione emotiva, con la cosiddetta rivoluzione culturale cinese (“sparare sul quartier generale”), con la grande esperienza del “maggio francese”, cui la borghesia francese farà muro attorno al generale Charles De Gaulle.
Il sommovimento del ’68 segna un’era che porta con sé il capovolgimento di tutta la concezione della vita, modifica punti di vista e consuetudini consolidate e si pone come grande moto di liberazione che porta alla ribalta l’esigenza di milioni di giovani di fare politica e di parlare di politica. Un crogiolo di emozioni, di speranze, di utopie, di aspettative, di voglia di cambiare che non è immediatamente compreso dalle forze politiche italiane e neppure dal Pci che inizialmente ne resta disorientato e sostanzialmente ostile. Longo si rivela invece attento, disponibile e aperto al confronto paritario con gli studenti ed i contestatori. Spinge perciò il Partito a comprendere origini, significato e portata di quanto sta accadendo utilizzando con rigore il metodo marxista dell’analisi differenziata (comprendere prima di agire, attraverso l’analisi concreta delle situazioni concrete) ed una concezione volterriana nei rapporti sociali e politici (tolleranza e rispetto delle idee altrui). E’ attento e pronto ricettore delle istanze di novità presenti nel tessuto della società italiana e chiama il Pci a sostenere e favorire il processo di ricomposizione tra le istanze della rivolta studentesca e le lotte operaie. Questa azione, che porterà Enrico Berlinguer a definirlo “Uomo dell’unità”, avrà successo già nelle elezioni del maggio 1968 (aumento di 1 milione di voti) e produrrà, dopo l’autunno caldo del 1969, una serie progressiva di conquiste sindacali e sociali ed un avanzamento della democrazia nel Paese. Le lotte operaie del 1969 rimettono in gioco la natura stessa dello sviluppo economico nel Paese.
La risposta alle lotte dei lavoratori ed all’estensione della democrazia sarà la “strategia della tensione” con il suo tragico avvio il 12 dicembre 1969, a Milano, nella Banca Nazionale dell’Agricoltura (strage di Piazza Fontana). In questa strategia convergono provocazioni fasciste, intervento autoritario di settori dello stato, manovre eversive, involuzione reazionaria dei socialdemocratici, inettitudine dei governi, ambiguità di importanti settori della democrazia cristiana. Si sviluppano così due tensioni di segno diverso, il “nero” che tende a soluzioni golpiste, il “rosso” che vagheggia soluzioni rivoluzionarie; entrambi puntano “a liquidare le forme della democrazia politica e a provocare una guerra civile” (Adalberto Minucci).
In seguito all’intervento delle truppe del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia (21 agosto 1968), Longo esprime con durezza il dissenso e la riprovazione dei comunisti italiani per un intervento che “calpesta i principi leninisti di uguaglianza fra i popoli e i partiti, di rispetto della integrità territoriale, della indipendenza, sovranità e non ingerenza”. Il “nuovo corso” di Dubcek è, infatti, pienamente condiviso e sostenuto da Longo e dal suo partito.
In quel periodo denuncia le distorsioni nello sviluppo economico e industriale del Paese con un ruolo non coerente delle Partecipazioni Statali che sacrificano le direttive socializzatrici dell’economia per trasformarsi in gestori d’imprese e di capitali acquisendone la logica di campo. E’ una severa critica ai governi ma anche al Psi che dal 1962 è entrato nel governo di centrosinistra in posizioni sostanzialmente subalterne.
I temi del rapporto con i cattolici e con i movimenti, il ruolo dei partiti politici in generale e del Pci in particolare, sono ripresi e sviluppati con forza nel Congresso di Bologna (febbraio 1969) nel quale continua (come già avvenuto nel precedente Congresso) una riflessione sugli effetti positivamente prodotti nel campo cattolico dall’eredità lasciata da Giovanni XXIII (1958-1963) con l’enciclica “Pacem in terris” e con l’avvio del Concilio Ecumenico Vaticano II. Papa Roncalli (che aveva tolto la scomunica sui comunisti emessa da Pio XII) aveva rivoluzionato il giudizio e l’atteggiamento dei suoi predecessori nei confronti dei partiti di ispirazione marxista, con affermazioni che erano al tempo stesso una chiara indicazione per i cattolici: “…incontri e collaborazioni un tempo vietati sono e possono diventare utili o addirittura doverosi per il bene della comunità nazionale”. Ed ancora: “La Chiesa, pur respingendo in maniera assoluta l’ateismo, tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, debbano contribuire alla retta edificazione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: il che non può avvenire certamente senza un sincero e prudente dialogo”.
Da parte sua Longo entra su questi argomenti “Comunisti e cattolici mancherebbero alle proprie responsabilità se non sapessero bruciare diffidenze e prevenzioni non solo del passato ma anche del presente, per contribuire a costruire una società nuova”. A proposito del ’68: “Oggi l’Italia è un paese vivo, con una grande tensione politica, ideale e morale. Comprendiamo, facciamo nostre le insofferenze e le impazienze delle giovani generazioni … non pensiamo affatto che tutto possa o debba ricondursi al movimento ed alla spinta dal basso… Né siamo per qualsiasi movimento pur che sia e comunque si manifesti, in una concezione spontaneistica della lotta delle classi”. Sul ruolo, funzione e caratteristica del partito comunista Longo precisa: “Né erigiamo il nostro partito ad esclusivo rappresentante, ad unico garante, delle masse in movimento … il partito è parte, forza di combattimento: non può prefigurare l’intera società, non può porsi –neppure potenzialmente- come stato socialista”. Longo invita a non cadere in una visione integralistica e a rivendicare, invece, una laicità dello stato, una laicità del partito, una società socialista su basi democratiche: “ … non c’è socialismo se non c’è democrazia ma non c’è compiuta democrazia se non c’è socialismo”.
Nel 1972, a seguito di ripetuti problemi fisici, lascia la segreteria, indica in Enrico Berlinguer il proprio successore ed assume la presidenza del Pci.
Fondatore e Direttore del settimanale “Vie Nuove”, autore di numerosi saggi e studi fondamentali sul movimento di liberazione italiano, muore a Roma il 16 ottobre 1980.

A cura dell’Associazione Culturale “Luigi Longo”
Sede nazionale: Via Tobia Bertini, 1/b, 59100 Prato
Ricerca curata da Piercarlo Albertosi - 2004

Fonti: sito internet dell’Anpi; “Rivoluzionaria professionale”, di Teresa Noce, editrice Aurora; “Da Gramsci a Berlinguer: la via italiana al socialismo attraverso i congressi del PCI”, Edizioni del Calendario; “Sulla via dell’Insurrezione Nazionale” di Luigi Longo, Editori Riuniti; “Luigi Longo:dal socialfascismo alla guerra di Spagna”, di Carlo Salinari, Teti editore; “Storia dell’Italia partigiana” di Giorgio Bocca, A.Mondadori; “Storia dei sindacati in Italia”, di Gianfranco A.Bianchi, Editori Riuniti; “Storia del Partito Comunista Italiano”, di Paolo Spriano, Editori Riuniti; “La resistenza italiana”, di Leo Valiani; “I centri dirigenti del Pci”, di Luigi Longo, Editori Riuniti; “Il Pci e la guerra di liberazione”, di Pietro Secchia; “Socialismo e movimenti popolari in Europa”, di Alfredo Luciani, Marsilio Editori.

“La cultura è quel complesso che include in se conoscenza, credenza, arte, morale, legge, usanza ed ogni altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo quale membro della società”
E.Taylor

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